precipitato 
              in una grave emergenza democratica. È eloquente che le principali 
              leggi di riforma varate – la Bossi-Fini sulla immigrazione, 
              il «lodo Schifani» sui processi a carico delle più 
              alte cariche dello Stato, la legge Gasparri sul riassetto del sistema 
              radiotelevisivo, la riforma dell’ordinamento giudiziario, 
              fino all’ultima sulla inappellabilità delle sentenze 
              di assoluzione – siano state tutte bocciate, in prima istanza, 
              come anticostituzionali. Per non parlare della riforma della Parte 
              II della Costituzione, che in realtà intacca i fondamenti 
              stessi della democrazia in Italia, alterando l’equilibrio 
              tra i poteri dello Stato; in particolare, come non vedere che, delegando 
              alle Regioni il potere esclusivo di legiferare su scuola, sanità 
              e polizia locale (la cosiddetta devolution), si crea una effettiva 
              disuguaglianza nel godimento di diritti fondamentali e si introduce 
              il germe della lacerazione dell’unità nazionale? 
              Non meno dannosa è la «riforma» elettorale (Legge 
              21 dicembre 2005, n. 270) che cancella il precedente sistema maggioritario, 
              approvato dalla stragrande maggioranza degli italiani (82,7%) con 
              il referendum del 18 aprile 1993. Al di là dei dubbi di legittimità 
              costituzionale, rimane il fatto eticamente e politicamente deprecabile 
              che le regole fondamentali del confronto democratico siano state 
              cambiate d’imperio da una sola delle parti in gioco con l’evidente 
              intento di mettere in difficoltà l’altra parte, anteponendo 
              il proprio interesse a quello generale. Le dimissioni del sen. Domenico 
              Fisichella da vicepresidente del Senato e da Alleanza Nazionale 
              (che aveva contribuito a fondare) e il suo passaggio all’Unione 
              sono una ulteriore conferma del disagio, già manifestato 
              dall’on. M. Follini, di fronte al medesimo programma che, 
              se valutato «con sapienza» nel suo insieme, risulta 
              difficilmente accettabile. 
              A questo punto, è corretto aggiungere che, mentre la valutazione 
              del programma della Casa delle Libertà dopo cinque anni di 
              Governo è possibile, lo stesso non si può dire del 
              programma dell’Unione che è stato solo presentato, 
              ma è ancora da attuare. Tuttavia, è facile cogliere 
              nelle indicazioni programmatiche del centro-sinistra l’influsso 
              della cultura politica solidale e popolare, alternativa a quella 
              neoliberista. Basti citare, per esempio, la volontà di istituire 
              una authority che impedisca il conflitto di interessi che ha avvelenato 
              la intera XIV Legislatura; il proposito di restituire alla vita 
              politica la rappresentatività e la governabilità gravemente 
              lese e compromesse dall’ultima riforma elettorale; l’impegno 
              di riformare la legge Bossi-Fini sulla immigrazione, di stampo xenofobo, 
              e di concedere agli immigrati il diritto di voto; la scelta di un 
              forte rilancio europeistico e di una politica estera «europea» 
              autonoma. Ma soprattutto – rileva Pietro Ichino – nel 
              programma dell’Unione c’è una materia che avrebbe 
              meritato un primo capitolo a sé stante: «potremmo chiamarla 
              “promozione del senso civico” o “cultura delle 
              regole”». Essa – commenta lo studioso – 
              può costituire quella «rivoluzione culturale», 
              di cui l’Italia ha assoluto bisogno, dopo che «nel corso 
              della legislatura che si sta chiudendo, il nostro Paese ha fatto 
              dei passi indietro, aggravando la propria condizione di inferiorità 
              nel panorama internazionale» («Centrosinistra e programma», 
              in Corriere della Sera, 13 febbraio 2006, 26). 
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